Viviamo in un’epoca complessa, che ha visto sconvolgimenti economici e sociali che sono andati anche ad influire sul mercato dell’edilizia e del design. Questi fattori si ripercuotono nell’interior design in due “cifre stilistiche” antitetiche che, sostanzialmente, vengono determinate dal budget a disposizione. La prima strada è quella del “poco disegnato” e dell’informale; ovvero quella del recupero, dell’assemblaggio, del ready made e del vintage, il percepire gli ambienti con un approccio evolutivo, emotivo, che neghi la rigidezza del progetto architettonico e che sia poco didascalico; si sta parlando di una soluzione, apparentemente, low cost. La seconda strada, invece, è quella dell’assecondare le esigenze e il gusto delle nuove potenze economiche, dunque il sovraprogettato al limite del barocco; decisamente dispendioso.
Inoltre, mentre andiamo incontro al nuovo, cresce il bisogno di rimanere concentrati su noi stessi, restando anche un po’ ancorati al passato. Già nell’ultimo Salone del Mobile di Milano era emerso il desiderio di un design senza tempo, che punta sulla qualità e il vero senso delle nostre scelte. La domanda che sembra prevalere non è “Quali sono gli oggetti e gli arredi di tendenza” ma piuttosto “Cosa mi fa sentire bene?”. Un’esigenza sentita sia da chi si riconosce in spazi minimalisti di richiamo nordico sia da chi ama atmosfere “di carattere”. Qualunque sia il modo di vivere che abbiamo scelto – stanziale o nomade – l’obiettivo è ottenere una casa dove sentirci a nostro agio.
Il mercato italiano relativo all’investimento medio è certamente in una fase di stagnazione, dunque l’aspetto economico è la principale difficoltà da superare. Questa difficoltà potrebbe essere in parte assorbita contando sulle detrazioni fiscali in fase di costruzione, sulla riqualificazione energetica per quanto concerne il dispendio economico durante la vita dell’immobile e, dal punto di vista progettuale, reinterpretando gli spazi, gli elementi costruttivi e l’arredamento in una chiave tale da poter ridurre i costi. Sostanzialmente è necessaria una nuova modalità di perceperire il costruire e il vivere gli ambienti.
La rete professionale è fondamentale; la moltiplicazione degli strumenti di rappresentazione e di comunicazione del progetto, l’evoluzione tecnologica dei materiali, le istanze dovute alla sostenibilità ambientale e le conoscenze burocratiche necessitano di specifiche competenze e queste non possono che essere patrimonio di una rete professionale strutturata in modo da ottenere un prodotto qualitativo alto. Non è più l’epoca del faccio tutto io. Non è un momento particolarmente felice per chi volesse intraprendere la carriera del progettista, bisogna dirlo; può invece risultare gratificante orientarsi su settori specifici dell’edilizia che facciano dell’innovazione sostenibile il loro core business. Ritengo, dunque, che la riqualificazione energetica degli edifici costituisca un mercato da spalancare e che, soprattutto, risponda a quei requisiti etici che la società odierna impone.